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sabato 13 agosto 2011

Scoperti geni complici sclerosi multipla



Studio di team internazionale, anche diversi scienziati italiani

Scritta la 'mappa genetica'' della sclerosi multipla: scoperti geni con un potenziale ruolo nell'insorgenza della malattia autoimmune. Pubblicata su Nature e Plos Genetics, la ricerca e' frutto del lavoro di un team internazionale di cui fanno parte anche molti scienziati italiani. Lo studio individua chiaramente il coinvolgimento del sistema immunitario nella sclerosi multipla e indirizza verso nuove strategie terapeutiche fornendo indizi su molecole implicate nella genesi della malattia. 
  
Fonte : Ansa

Tempesta magnetica in arrivo sulla Terra

Potente eruzione solare probabile minaccia a Telecomunicazioni

Tempesta magnetica in arrivo sulla Terra. Una delle tre macchie solari comparse negli ultimi giorni ha provocato una violenta eruzione che al momento non ha colpito direttamente il nostro pianeta ma, secondo gli esperti dell'osservatorio della Nasa Sdo, un secondo sciame di particelle liberato dalla stessa eruzione si starebbe dirigendo verso la Terra e potrebbe provocare danni ai satelliti in orbita alta. Le radiazioni potrebbero inoltre creare problemi nelle telecomunicazioni

 

venerdì 12 agosto 2011

I sali di potassio riducono la pressione


I sali di potassio riducono la pressione, afferma ricerca tedesca



Per tenere sotto controllo la pressione c'è bisogno di sale, di quello “buono” naturalmente. Una ricerca dell'Università tedesca di Wageningen ha analizzato l'uso dei sali di potassio in 21 paesi, scoprendo che l'eventuale aumento del loro consumo porterebbe come beneficio la riduzione della pressione, nella stessa misura prodotta dalla rinuncia al sale da cucina che usiamo abitualmente.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Archives of Internal Medicine e dimostrano che il consumo medio dei sali di potassio va da 1,7 a 3,7 grammi giornalieri, una quantità notevolmente inferiore rispetto ai 4,7 grammi consigliati dagli esperti.
La dott.ssa Linda van Mierlo, che ha coordinato la ricerca, afferma: “se il consumo di potassio aumentasse fino al livello consigliato, la pressione sistolica dei cittadini di questi paesi calerebbe, con un effetto paragonabile alla

iduzione di 4 grammi al giorno di sale. Il bilancio fra introito di potassio e introito di sodio è infatti basilare nella prevenzione dell'ipertensione”.
Il legame fra sodio e potassio è ritenuto fondamentale per la gestione e la regolazione di una corretta pressione sanguigna. Il sodio ha l'effetto di aumentare la pressione in quanto attrae liquidi utili al suo assorbimento, con il conseguente affaticamento dell'apparato cardiovascolare. Al contrario, il potassio favorisce il riassorbimento del sodio, migliorando la funzionalità cardiaca.
Al consumo di sali di potassio è dunque legato un minor rischio di sviluppare forme ipertensive, pertanto è utile non solo limitare la quantità di sale comune nella preparazione dei cibi che mangiamo – la quantità ideale è intorno ai 5 grammi, mentre la media è del doppio – ma anche assicurarsi una buona percentuale di questo tipo di sale, come conferma la dott.ssa van Mierlo: “ridurre il sale e aumentare il potassio sono entrambi metodi validi per tenere la pressione sotto controllo”.
Per aumentare l'apporto di potassio bisogna prediligere frutta e verdura, al cui interno vi sono percentuali più alte del minerale, in particolare in banane, albicocche, arance, legumi, patate e spinaci. È preferibile evitare i cibi lavorati, dal momento che il processo di trasformazione industriale determina una modificazione e una riduzione dei livelli di potassio presenti all'interno dell'alimento trasformato e in genere un aumento della percentuale di sodio.

martedì 9 agosto 2011

Alzheimer, il male del Terzo Millennio.

Il World Alzheimer Report stima più di trenta milioni di persone nel mondo affette dal morbo di Alzheimer. Cifra che potrebbe raddoppiare nei prossimi vent'anni. Conosciamo bene questa malattia? Le istituzioni destinano sufficienti fondi per la ricerca?
 



Il 21 settembre è la Giornata Mondiale dell'Alzheimer. Le associazioni di tutti i paesi organizzano eventi e conferenze al fine di sensibilizzare cittadini e istituzioni. Il morbo di Alzheimer è una demenza degenerativa che distrugge progressivamente le cellule cerebrali e si manifesta maggiormente in tarda età, (anche se attualmente l'età media si è abbassata e può essere inferiore ai sessant'anni). Tra le varie forme di demenza quella di Alzheimer è la più comune. La percentuale di malati colpiti dal morbo, perlopiù nei paesi sviluppati, è proporzionale al numero della popolazione in età senile. Tradizionalmente i paesi più sviluppati hanno un numero di uomini e donne anziani sempre più elevato grazie ai progressi della medicina e quindi è stimato che nei prossimi anni i malati di Alzheimer aumenteranno sempre di più. Insomma una delle più grandi conquiste della nostra epoca, l'allungamento della vita media, è accompagnata da una malattia che devasta proprio gli ultimi anni di vita. Spesso però accade che la malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza non siano percepite come reali malattie ma come semplice conseguenza dell'invecchiamento e questo spesso giustifica la flebile presenza di servizi sanitari ad hoc. Per comprendere meglio la malattia di Alzheimer chiediamo aiuto al Dottor Angelo Guccione, specialista in Neurologia presso FD Medical e responsabile del Centro Cefalee dell'Ospedale Niguarda.
Quali sono le cause di questa forma di demenza ?
“Dalle autopsie su malati affetti in vita dalla malattia, si è potuto riscontrare un accumulo extracellulare di una proteina, chiamata Beta-amiloide. Nei soggetti sani questa proteina produce un peptide innocuo chiamato p3. Per motivi non totalmente chiariti, nei soggetti malati si produce invece un altro peptide di 40-42 aminoacidi, chiamato beta amiloide. Tale beta amiloide non presenta le caratteristiche biologiche della forma naturale, ma tende a depositarsi in aggregati extracellulari sulla membrana dei neuroni, ossia delle cellule nervose. Tali placche neuronali innescano un processo che danneggia irreversibilmente i neuroni. Inoltre nei malati di Alzheimer interviene un ulteriore meccanismo patologico: all'interno dei neuroni, una proteina tau si accumula in aggregati neurofibrillari o ammassi neurofibrillari. Particolarmente colpiti da questo processo patologico sono le aree ippocampali. In particolare l'ippocampo interviene nell'apprendimento e nei processi di memorizzazione perciò la distruzione dei neuroni di queste zone è ritenuta essere la causa della perdita di memoria dei malati. Si è anche ipotizzata l'ingestione di alluminio come causa del morbo di Alzheimer anche se però tutt'ora non ci sono sufficienti prove, e questa ipotesi trova sempre meno credito”.
Possiamo riconoscere i campanelli d'allarme dell'Alzheimer?
“I sintomi inizialmente sono rappresentati da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, (ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno) e della memoria prospettica (che riguarda l'organizzazione del futuro prossimo, come ricordarsi di andare a un appuntamento); poi man mano il deficit aumenta e la perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda (riguardante fatti della propria vita o eventi pubblici del passato) e la memoria semantica (le conoscenze acquisite), mentre la memoria procedurale (che riguarda l'esecuzione automatica di azioni) viene relativamente risparmiata. Ai deficit cognitivi si aggiungono infine complicanze internistiche che portano a una compromissione insanabile della salute”.
Quanti anni può sopravvivere un malato di Alzheimer ?
“La sopravvivenza in genere è abbastanza lunga se non sopravvengono complicazioni (anche decenni)”.
 
Esistono delle terapie per combattere la malattia?
“Anche se al momento non esiste una cura efficace, sono state proposte diverse strategie terapeutiche per provare a gestire clinicamente il morbo di Alzheimer; tali strategie puntano a regolare farmacologicamente alcuni dei meccanismi patologici che ne stanno alla base. Le ricerche hanno dimostrato che non vi sarebbe sufficiente aceticolina (neurotrasmettitore responsabile dell'invio dei messaggi da una cellula nervosa all'altra) nel cervello dei malati di Alzheimer. L’acetilcolina invia messaggi da una cellula all’altra e, dopo aver terminato il suo compito, viene distrutta dall’enzima acetilcolinesterasi in modo che non si accumuli tra le cellule. Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, sostanze che bloccano l’attività dell’enzima,mantengono la disponibilità cerebrale di acetilcolina e possono compensare, ma non arrestare, la distruzione delle cellule provocata dalla malattia”.
 
È possibile prevenire il morbo di Alzheimer?
“Allo stato attuale non vi sono comportamenti o terapie per prevenire la malattia. Riuscire a prevedere con anni di anticipo lo sviluppo della malattia potrebbe essere utile se disponessimo delle terapie atte alla prevenzione, ma allo stato attuale sarebbe un serio problema anche di etica fare queste indagini per poi dover comunicare al paziente che non abbiamo alcuna cura per prevenire l'insorgenza della malattia. Sicuramente si potrebbe fare di più se solo il governo italiano decidesse di stanziare di più sulla ricerca”.
  
10 regole d’oro
In attesa che la ricerca scopra una cura per sconfiggere la malattia di Alzheimer
si può agire sui fattori di rischio e adottare sane abitudini di vita.
1. La testa innanzitutto
La salute inizia dal cervello. È uno degli organi più vitali del corpo e ha bisogno di cure e attenzione.
2. Dal cervello al cuore
Ciò che è buono per il cuore è buono per il cervello. Fare qualcosa tutti i giorni per prevenire malattie cardiache, ipertensione, diabete e ictus: possono aumentare il rischio di Alzheimer.
3. I numeri che contano
Tenere sotto controllo peso, pressione, colesterolo e glicemia.
4. Nutrire il cervello
Assumere meno grassi e più sostanze antiossidanti.
5. Far lavorare il corpo
L’attività fisica ossigena il sangue e aiuta le cellule nervose: camminare 30 minuti al giorno tiene attivi mente e corpo.
6. Stimolare la mente
Mantenere il cervello attivo e impegnato stimola la crescita delle cellule e delle connessioni nervose: leggere, scrivere, giocare, imparare cose nuove, fare le parole crociate.
7. Avere rapporti sociali
Occupare il tempo libero con attività che richiedono sforzo fisico e mentale: socializzare, conversare, fare volontariato, frequentare un club, ritornare sui banchi di scuola.
8. Attenzione ai colpi!
Usare le cinture di sicurezza, stare attenti al rischio di cadute, indossare il casco quando si va n bicicletta.
9. Essere saggi
Evitare le cattive abitudini:non fumare, non bere troppo, non fare uso di droghe.
10. Guardare avanti
Iniziare oggi a preparare il domani.

Fonte: Alzheimer’s Association, USA

Nell'anno 2010 aborto in calo - 2,5 %

Tasso abortivita' fra i piu' bassi in Ue


Confermata la tendenza alla diminuzione dell'Ivg (Interruzione volontaria della gravidanza) in Italia: nel 2010 il tasso di abortività è risultato in calo del 2,5% rispetto al 2009 (8.5 per 1.000), con un decremento del 52,3% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all'Ivg (234.801 casi). Lo rileva la Relazione sullo stato di attuazione della legge 194/1978 del ministero della Salute. Il tasso di abortività in Italia è fra i più bassi tra i Paesi occidentali

domenica 7 agosto 2011

Correre per dimagrire ? Si , ma come farlo ....?

Per dimagrire si deve sudare ?

È assurdo che ancora oggi ci sia gente che pensi ciò. Basta osservare chi corre nei parchi cittadini per accorgersi che la parola d'ordine è: coprirsi e sudare il più possibile. Probabilmente si sarà gratificati quando, tornati a casa, si scoprirà che la bilancia segna anche due chili in meno, salvo poi scoprire con disperazione che la mattina dopo siamo tornati al peso di sempre. Né ha senso cercare di resistere alla sete per rendere definitivo il dimagrimento. Prima o poi ci si deve reidratare e l'illusione svanisce.

Per dimagrire si deve fare attività sportiva a bassa intensità?


Questa panzana è nata nelle palestre e in tutti quegli ambienti dove si usa il cardio fitness (per dimagrire non devo superare una certa frequenza cardiaca!); in realtà in questi ambienti si ha spesso a che fare con persone che vogliono minimizzare la fatica e ai personal trainer meno coscienziosi non par vero di riuscire a vendere una strategia che si accorda con la pigrizia del soggetto. La panzana si basa sul fatto che facendo attività sportiva a bassa intensità si bruciano preferenzialmente i grassi. Il dubbio metabolico diventa dunque il seguente: se corro forte brucio carboidrati e non grassi!
Perché molti credono veramente che la velocità di corsa sia fondamentale nel dimagrimento? In realtà è un vero e proprio test di intelligenza che non viene superato da chi ha un approccio troppo semplicistico ai problemi.
Infatti l'errore fondamentale che si commette nel ritenere che per dimagrire si debba (notare il "debba") correre piano dipende sostanzialmente da due fattori:

    Il non capire che il dimagrimento dipende dalla combinazione SPORT+ALIMENTAZIONE, quindi non ci si può fermare a ciò che accade mentre faccio sport, ma bisogna analizzare anche il "dopo".
    Il non sapere che i carboidrati assunti con l'alimentazione si trasformano in grasso se le nostre riserve di carboidrati sono già al massimo (ogni soggetto ha un massimo stoccabile piuttosto limitato, a differenza del grasso che invece continua ad accumularsi).


IL RAGIONAMENTO FONDAMENTALE! - Innanzitutto non dobbiamo considerare il nostro corpo a compartimenti stagni: sa benissimo trasformare i grassi in energia e i carboidrati in grassi. Quindi non è detto che se mangiamo carboidrati verranno immagazzinati carboidrati e se mangiamo grassi andranno necessariamente a finire nella pancetta. Il corpo usa quindi i macronutrienti per adattarsi alle esigenze energetiche.
Supponiamo che il soggetto mantenga il suo peso con 2.000 calorie al giorno, di cui 300 sono dovute all'attività sportiva. Se l'attività è blanda si bruciano preferenzialmente i grassi (la percentuale di grassi bruciata a bassa intensità è sì sensibile, ma comunque si brucia sempre una quota di carboidrati), se è intensa i carboidrati. Al che i geni pensano: perché correre forte se si bruciano i carboidrati e non i grassi? L'errore di fondo è che 300 calorie delle 2.000 che assumiamo (a prescindere dal fatto che le abbiamo assunte come grassi o come carboidrati) andranno a sostituire il substrato energetico che è andato perso con la corsa: se abbiamo bruciato grassi, le 300 calorie andranno a sostituire il grasso perso, se bruciamo carboidrati andranno a sostituire la riserva di carboidrati persa (glicogeno). In entrambi i casi il soggetto mantiene il suo peso: può dimagrire solo se assume meno di 2.000 calorie al giorno.
In altri termini:

    se corriamo molto piano bruciamo i grassi e dimagriamo perché diminuisce la scorta di grassi;
    se corriamo forte bruciamo i carboidrati e impediamo che carboidrati assunti con l'alimentazione vadano a immagazzinarsi come grasso e quindi dimagriamo perché dirottiamo i carboidrati dalla pancetta all'energia spesa per fare sport.

E se sono a dieta? - Supponiamo che il soggetto che mantiene il suo peso con 2.000 calorie decida di assumerne 300 in meno (quelle che consuma nell'attività fisica), ma faccia sport ad alti regimi bruciando perciò soprattutto carboidrati. Allora si potrebbe pensare che non ci siano calorie che andranno a sostituire la riserva di carboidrati persa; si ricadrebbe nel caso del dimagrimento fittizio: il soggetto perde peso perché svuota le sue riserve di carboidrati.
In realtà non è così: si deve infatti considerare che nelle 2.000 calorie ci sono carboidrati. A meno che il soggetto non sia masochista, se vuole dimagrire, sarà in leggero sovrappeso. Supponiamo che delle 2.000 calorie 1.200 siano di carboidrati, 300 di proteine e 500 di grassi. È il classico soggetto che segue la dieta mediterranea, con peso di 65 kg (che giustifica l'equilibrio con 2.000 calorie, di cui 300 sportive) e che dovrebbe dimagrire di 4-5 kg. In un tal soggetto la quantità di carboidrati è eccessiva (come nel 90% della popolazione) e viene quotidianamente trasformata in grasso. Infatti, il suo fabbisogno di carboidrati è di circa (2,6*P in grammi, moltiplicato 4 per avere le calorie) 676 calorie. Se risparmia 300 calorie, ne assume solo 1700 così ripartite: 1.020 di carboidrati, 255 di proteine e 425 di grassi. Dei 1.020 carboidrati assunti, 676 andranno impiegati nel metabolismo, 300 nel ripristinare le scorte e 44 saranno comunque trasformate in grasso. Rispetto alla situazione primitiva solo 44 vengono trasformate in grasso e non 344; quindi l'individuo perde grasso e non riserve di carboidrati. Morale: le 300 calorie risparmiate dirottano i carboidrati assunti con l'alimentazione dalla conversione in grasso al ripristino delle scorte di carboidrati con l'effetto che le scorte di grassi diminuiscono.
Dai conti soprariportati è anche ovvio che chi vuole dimagrire non può intraprendere sforzi mostruosi (tipo maratona) e non rialimentarsi decentemente perché altrimenti rischia di bruciare le sue scorte di glicogeno o, soprattutto, le proteine dei muscoli. Tale pericolo è però decisamente limitato dal fatto che chi è in netto sovrappeso non ha l'allenamento sufficiente per tali tipi di sforzo.
E la fame? - Alcuni sostenitori dell'esercizio a bassa intensità sostengono che correndo veloci si bruciano molti carboidrati, si abbassa la glicemia e si innesca lo stimolo della fame. Queste persone probabilmente non hanno mai fatto sport ad alta intensità e non sanno che dopo un tale sforzo il corpo è così occupato a ripristinare le risorse (tante) perse con l'attività fisica che non si ha che marginalmente fame; l'appetito arriva gradualmente e si reintegrano le (giuste) calorie poco a poco.
Invece con lo sport a bassa intensità la fame arriva subito perché l'appetito non è legato alla sola glicemia (come ingenuamente credono i sostenitori del low-training): basta considerare gli effetti di una piacevole passeggiata in montagna!

Per dimagrire si deve correre veloci?


Detto in generale, per dimagrire occorre fare la massima fatica. È l'errore opposto al precedente, di chi è convinto che si brucia di più se si va veloci (l'incremento del metabolismo basale è nella stragrande maggioranza di persone non significativo). Che nella corsa il consumo calorico dipenda solo dai km percorsi ce lo dice la fisica che mi fa sapere che il lavoro è dato dalla forza (non tanto il peso, quanto le forze meccaniche del nostro apparato locomotore per spostarlo in avanti, parallele allo spostamento; in una visione molto rozza, pensiamo a una mano che spinge il soggetto in avanti) per lo spostamento. La velocità con cui viene fatto il lavoro (la potenza) non c'entra con il lavoro totale. L'errore di ritenere importante la velocità nasce dal fatto che si confonde la potenza (lavoro nell'unità di tempo) con il lavoro. Consideriamo un campione mondiale che pesa 60 kg e in un'ora percorre 20 km. Avrà consumato all'incirca 1.200 calorie. Un principiante dello stesso peso che in un'ora percorre 10 km brucerà 600 calorie, la metà: andare più forte ti fa bruciare più calorie nell'unità di tempo. Ma se il nostro principiante percorre 20 km (ci mette il doppio del tempo: 2 ore) brucerà anch'egli 1.200 calorie.
L'uomo non è come un'auto che più va forte più i consumi aumentano: l'uomo spende per fare un km sempre la stessa energia, a prescindere dalla velocità. Quindi meglio (per il dimagrimento non per altri motivi!) fare 22 km a 5'/km che 20 a 4'30"/km.

La strategia giusta
Poiché nella corsa il consumo calorico dipende dai chilometri percorsi, è ovvio che

per dimagrire occorre scegliere la velocità che consenta di effettuare il maggior numero di chilometri nel tempo a disposizione.
NOTA - La frase precedente non deve interpretarsi come il consiglio di partire a palla e cercare stoicamente di resistere. Vuol dire trovare la distribuzione dello sforzo che, in base al proprio grado di allenamento, ci consenta di percorrere la strada più lunga. Per esempio il principiante che non ha nelle gambe un'ora di corsa, ma ha a disposizione un'ora, alternerà corsa e cammino in modo da massimizzare i km percorsi.
In quest'ottica l'abbigliamento deve essere il più leggero possibile: coprirsi troppo per sudare è un altro errore fondamentale perché il sudore perso si recupera subito nella giornata bevendo, ma la spiacevole sensazione di caldo ci ferma prima e ci fa fare meno chilometri.

sabato 6 agosto 2011

Attività fisica per combattere lo stress

Lo stress è l’insieme dei problemi, delle preoccupazioni e delle emozioni che quotidianamente dobbiamo affrontare, relativamente al lavoro, alla famiglia, al denaro, ai traumi, alle malattie e a tutto ciò che può addurre tensioni.

Il corpo umano, per affrontare i molteplici attacchi di stress, mette in moto un meccanismo di autodifesa, ereditato dai tempi preistorici, che comporta il rilascio di una sostanza di natura ormonale: l’adrenalina.

L’adrenalina, prodotta dalle ghiandole surrenali, determina tra l’altro: un effetto tonico sul cuore, la dilatazione della pupilla oculare, l’allargamento dei bronchioli, l’innalzamento della glicemia nel sangue e l’aumento della pressione arteriosa. Uno stimolo esterno, che ne provoca l’immissione nel circolo sanguigno, è costituito, come appena descritto, da una situazione di pericolo e minaccia a cui veniamo esposti. Il corpo umano, con l’adrenalina, otterrà un aumento del livello di energia da cui poter attingere per battersi con il nemico o per fuggire. Si pensi per esempio ad un uomo primitivo costretto a fronteggiare un grosso animale.

Il problema dei giorni nostri è che, il rilascio di adrenalina, in genere, non è seguito dallo scarico di tutto questo surplus energetico, infatti, per esempio, nell’ambiente di lavoro, non si può certo rispondere ad un attacco verbale con la violenza, e nemmeno con la fuga, come del resto, anche nelle altre situazioni in cui si è soggetti a forte pressione: vedi traffico cittadino e particolari condizioni familiari ed economiche.

Ecco spiegato l’importante ruolo dell’attività fisica per combattere gli effetti negativi dello stress, infatti, il lavoro muscolare quotidiano risulta essere di notevole aiuto per migliorare il livello di tolleranza e per scaricare le tensioni. Tutto ciò che mantiene attivi corpo e mente può servire a tollerare meglio lo stress quotidiano.

Attenzione, però, a non eccedere nell’agonismo, la competizione può trasformare un’attività ricreativa in un lavoro faticoso e stressante, in ogni caso è sempre utile mantenere un atteggiamento mentale sereno nei confronti di una eventuale sconfitta.

La capacità di tollerare una certa quantità di stress è prettamente soggettiva, varia da individuo ad individuo. I sintomi dovuti all’accumulo sono:

    - una costante stanchezza,

    - una condizione di facile irritabilità,

    - l’insorgere dell’insonnia,

    - l’insorgere di disturbi digestivi (per esempio ulcera e colite)

    - la tachicardia,

    - un persistente mal di testa,

    - la pressione alta,

    - la lombalgia,

    - un indebolimento del sistema immunitario, che può portare a malattie virali, allergie, infiammazioni e altro.

Quando si parla di accumulo si fa riferimento ad una specie di memoria dell’organismo rispetto ai fattori di stress. Il superamento di una problematica, che ci aveva indotto stress superiore alla nostra capacità di adattamento, con risvolti patologici annessi, porta alla scomparsa di tali effetti negativi sull’organismo, ma lascia comunque una traccia. Il manifestarsi di un nuovo fattore di stress causerà problemi sia per la situazione presente, sia per le tracce rimaste in memoria, ne consegue che l’esaurimento fisiologico sarà sempre più facile a mano a mano che si allunga la catena degli eventi che determinano stress. Ecco l’importanza di una eliminazione quotidiana degli effetti dello stress e quindi dell’attività sportiva.

Inizialmente i problemi legati allo stress possono essere o fisici o psichici, con il perdurare e con l’accumulo, si arriva ad una coesistenza dei due tipi di sintomi, che si influenzeranno a vicenda, costituendo un vero proprio circolo vizioso.

    I fattori che determinano stress possono essere suddivisi, in base alla tipologia di attacchi che apportano, in:

    - cause mentali, sia emotive che psicologiche;

    - cause fisiche, come il sovrallenamento o l’utilizzo non omogeneo ed armonico dei muscoli;

    - cause chimiche, da imputare ai problemi derivanti dal degrado dell’ambiente, dall’uso sconsiderato di farmaci e dall’abuso di alcol;

    - cause termiche, come, per esempio, i repentini sbalzi di temperatura.

Consigli per combattere la cellulite

Il pannicolo adiposo, tessuto posto anatomicamente sotto la cute, è una riserva attiva di energia, legata al metabolismo individuale, scientificamente definito bilancio calorico; quando il bilancio calorico diminuisce (maggiore attività fisica o minore introduzione di calorie con il cibo) la riserva si riduce (lipolisi); quando il bilancio calorico aumenta (minore attività fisica od eccessiva introduzione di calorie con il cibo) si verifica il deposito dei grassi (liposintesi).

Come tutti i tessuti anche il pannicolo adiposo ha una sua impalcatura di sostegno (il tessuto reticolare ed il collagene) ed una  vascolarizzazione, denominata microcircolo; attraverso la vascolarizzazione il tessuto adiposo fornice l'energia all'organismo o la accumula, sottoforma di grasso.

Alterazioni ormonali e vascolari, spesso aggravate da vita sedentaria, da stress, da malattie epatiche, alimentazione non corretta o bilanciata, irregolarità della funzione intestinale e ritenzione idrica marcata, variamente combinate tra loro, sono le cause che interferiscono negativamente sul tessuto adiposo ed in particolare sul microcircolo.

In questi casi le cellule adipose si rompono; il loro contenuto, i trigliceridi, si spande nello spazio tra le cellule comprimendo il microcircolo ed impedendone il corretto funzionamento.

La persistenza nel tempo di queste alterazioni anatomico-metaboliche, produce lo sviluppo di ulteriori alterazioni del tessuto adiposo (lipodistrofia); modificazioni che producono sia un aumento di volume e consistenza del tessuto di sostegno che la riduzione del calibro (per compressione) e dell'elasticità dei vasi sanguigni del microcircolo.L'attività fisica rivolta alla prevenzione e alla cura della cellulite è per molti aspetti simile a quella proposta per i soggetti obesi. Essa viene inserita in un contesto generale che prevede il miglioramento delle condizioni psicofiscihe del soggetto ed il rispetto di tre princìpi fondamentali:


1) ESERCIZIO FISICO REGOLARE

CAMMINARE, NON CORRERE: i ripetuti impatti col terreno causati dall'azione di corsa, oltre ad avere effetti negativi sulle articolazioni e sulla colonna vertebrale, causano delle microlacerazioni alle membrane delle cellule adipose che a lungo dieta celluliteandare possono peggiorare la situazione. Inoltre, un'attività fisica svolta ad intensità troppo elevata porta alla formazione di acido lattico.

Questo metabolita è alleato della cellulite, poiché la  formazione di tossine muscolari ha effetti negativi sulla circolazione e sull'ossigenazione dei tessuti. Per questo motivo due ore di spinning alla settimana svolte ad intensità elevata risultano non solo inutili ma addirittura controproducenti.

Mantenere la posizione seduta sul sellino per un'ora ostacola infatti la circolazione dei glutei, uno dei distretti corporei più colpiti da cellulite; inoltre, l'elevata intensità dell'esercizio porta all'accumulo di acido lattico con tutte le conseguenze negative appena viste.

Si raccomanda pertanto di svolgere attività di lunga durata  come il ciclismo, la camminata veloce o lo step. I benefici di questo programma di allenamento sono molteplici: un'attività fisica regolare (almeno 30-40 minuti al giorno) porta ad un miglioramento generale delle capacità cardiocircolatorie e respiratorie favorendo la circolazione periferica.

In questo modo è possibile sconfiggere la cattiva circolazione che rappresenta il più grosso fattore di rischio per lo sviluppo della cellulite.

Per essere definita regolare l'attività fisica deve essere svolta per almeno tre giorni alla settimana.

Infine, può essere utile seguire un programma di tonificazione generale che preveda l'utilizzo di esercizi a carico naturale, di attrezzature isotoniche o pesi liberi a seconda dell'esperienza e delle preferenze del soggetto. Anche in questi casi è importante non esagerare, utilizzando carichi leggeri per un numero di ripetizioni che, sia pur elevato, non affatichi eccessivamente il muscolo.

Al termine della seduta lo stretching abbinato ad esercizi di controllo respiratorio eseguiti con le gambe in alto, favorisce il ritorno venoso e l'eliminazione delle tossine prodotte.
ULTERIORI CONSIGLI:

La cellulite colpisce soprattutto alcune regioni del corpo come cosce, glutei e fianchi, ma anche braccia e dorso. E' quindi consigliabile affiancare ad un esercizio costante generalizzato (camminata, recline, step o simulatori di sci di fondo) esercizi specifici che stimolino le zone in cui vi è un'adiposità maggiormente localizzata .

Inoltre è importante svolgere al termine di ogni seduta di allenamento qualche esercizio per stimolare la mobilità del piede.

Un difetto nell'appoggio plantare può  rappresentare uno dei più grossi fattori di rischio per lo sviluppo della cellulite. Il piede è infatti sede di delicati sistemi vascolari (triangolo della volta e soletta venosa di Lejaris) responsabili del ritorno venoso. Questi equilibri possono venire alterati da posture scorrette o dal frequente utilizzo di calzature non anatomiche (tacchi alti). 



ULTERIORI CONSIGLI:

La cellulite colpisce soprattutto alcune regioni del corpo come cosce, glutei e fianchi, ma anche braccia e dorso. E' quindi consigliabile affiancare ad un esercizio costante generalizzato (camminata, recline, step o simulatori di sci di fondo) esercizi specifici che stimolino le zone in cui vi è un'adiposità maggiormente localizzata .

Inoltre è importante svolgere al termine di ogni seduta di allenamento qualche esercizio per stimolare la mobilità del piede.

Un difetto nell'appoggio plantare può  rappresentare uno dei più grossi fattori di rischio per lo sviluppo della cellulite. Il piede è infatti sede di delicati sistemi vascolari (triangolo della volta e soletta venosa di Lejaris) responsabili del ritorno venoso. Questi equilibri possono venire alterati da posture scorrette o dal frequente utilizzo di calzature non anatomiche (tacchi alti).
cellulite cause

2) ALIMENTAZIONE SANA ED EQUILIBRATA

ALCUNI CONSIGLI: Per combattere la cellulite risulta fondamentale associare ad un programma di attività fisica regolare un regime alimentare altrettanto adeguato.

Acqua celluliteE' pertanto importante seguire una dieta ricca di vegetali e fibre, consumare almeno 3 pasti al giorno, bere almeno un litro e mezzo di acqua, evitare i cibi ricchi di grassi, gli alcolici e anche l'eccessivo consumo di caffè (oltre 2-3 al giorno). Inoltre è importante cercare di eliminare il sale dalla dieta in quanto quello presente negli alimenti è sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero.

Il consumo di acqua è importantissimo perché permette l'eliminazione ottimale delle sostanze tossiche e di rifiuto, bevete molto e non dimenticate di portare una bottiglietta d'acqua sempre con voi, specialmente quando vi recate in palestra. E' consigliato l'acquisto di acque povere di sodio per favorire la diuresi.

cellulite rimedi

3) ABITUDINI DI VITA CORRETTE

IL RIPOSO PRIMA DI TUTTO: è molto importante dormire per almeno 8 ore al giorno e cercare di ridurre per quanto possibile lo stress. Fondamentale risulta l'approccio mentale con il quale si inizia il programma alimentare e sportivo, "serenità e motivazione" prima di tutto.

Gambe gonfie ,rimedi.


I fattori più comuni che causano gonfiore alle gambe sono diversi: stare troppo in piedi durante il giorno, ma anche stare troppo sedute, la ritenzione idrica, l’uso della pillola anticoncezionale, problemi di circolazione sanguigna (esempio: fragilità capillare), caldo eccessivo.

Una vita sedentaria, o un lavoro che obbliga a stare troppe ore di seguito sedute o in piedi, provoca un ristagno di liquidi nelle gambe che, conseguentemente si gonfiano. Se poi la temperatura esterna è elevata, il problema si accentua.

Esistono dei rimedi? Certo!
Eccone alcuni tra i più efficaci:

Quando si sta sedute per troppo tempo, bisogna tenere le gambe sollevate, appoggiandole ad una sedia o ad uno gabellino o simili.
Bisognerebbe dormire con le gambe sollevate di almeno 10 cm per favorire la circolazione sanguigna.
Prima di andare a letto fare una doccia fredda alle gambe.
Indossare calzature comode, evitando i tacchi troppo alti, ma anche le scarpe senza un minimo di tacco. L’ideale è un tacco di 4-5 cm.
Praticare regolarmente attività fisica per le gambe, ad esempio la cyclette; basterebbe anche una passeggiata quotidiana di almeno mezz’ora.
Bere molta acqua e usare pochissimo sale, e stare alla larga da tutti gli alimenti salati, per evitare la ritenzione idrica.
Consumare molta frutta e verdura e seguire una corretta alimentazione.

Ecco i rimedi naturali da assumere, sotto forma di integratori, per prevenire o curare il gonfiore alle gambe: ananas, betulla, mirtillo, centella, vite rossa, ippocastano. Questi hanno effetti diuretici e favoriscono la microcircolazione.
Esistono anche creme da utilizzare regolarmente con leggeri massaggi, che contengono alcuni di questi ingredienti naturali.

venerdì 5 agosto 2011

Perché si perdono i capelli?

La caduta dei capelli - cause e rimedi.

Avere i capelli lunghi o corti, scuri o chiari - è questo ciò che possiamo decidere noi stessi, cose che non dipendono più della natura. Ci possono aiutano gli stilisti e i parrucchieri... Ma tutto questo - a una condizione: i capelli devono esistere!


Perché si perdono i capelli?

La causa principale che porta alla perdita dei capelli (calvizie) negli uomini è associata al testosterone - l'ormone sessuale maschile. L'ipersensibilità di uno dei diversi tipi di testosterone provoca la caduta dei capelli, caso che può cominciare anche ai 30 anni – la cosiddetta alopecia androgenetica
Un altro motivo - è lo stress. Due - tre mesi dopo aver sperimentato forti emozioni, shock, si potrebbe arrivare alla perdita dei capelli. La causa di questo è la crescita del livello di testosterone e adrenalina come risposta ad una situazione stressante.

La caduta dei capelli nelle donne può iniziare, stranamente, dopo la gravidanza e il parto.  Alcune donne durante la gravidanza, a causa dell'aumento del numero degli ormoni sessuali femminili (estrogeni), hanno i capelli molto belli, ma pochi mesi dopo il parto, il livello di estrogeni torna alla normalità e il pelo comincia a cadere.


La crescita dei capelli dipende dal livello degli ormoni maschili e femminili e si esprime anche nella comparsa di problemi con i capelli nel periodo di menopausa. In questo momento, la produzione di ormoni femminili estrogeni e progesteroni diminuisce, e questo porta ad una predominanza di  ormoni sessuali maschili nel corpo femminile. Inoltre, durante la menopausa le donne spesso sono spesso stressate, si tratta di uno stress di origine psicologica. La combinazione di tutti questi fattori provoca la caduta dei capelli.

L'eccessiva perdita di capelli può anche essere dovuta a disturbi della tiroide - come il suo iper - e ipofunzione.
A volte la perdita dei capelli avviene anche in piccole aree - la cosiddetta alopecia areata o calvizia.  Molto spesso, questo fenomeno è associato alla cosiddetta autoagressione che fa si che il corpo percepisca i propri capelli come corpi estrani e quindi tende a liberarsi di loro.
E, infine, la causa della caduta dei capelli può essere la chemioterapia e la radioterapia. La chemioterapia porta alla inibizione della crescita del follicolo pilifero - il capello cade, ma dopo il trattamento tutto torna alla normalità. La radioterapia invece, utilizzata nell'oncologia, porta alla perdita dei capelli irreversibile solo se la radiazione è rivolta direttamente al cuoio capelluto. In altri casi, i capelli alla fine del trattamento ricrescono.

Ci sono rimedi? Riavere i capelli è possibile!

Evidentemente, una persona si abitua al proprio aspetto e non nota i lievi cambiamenti in esso. Questo vale anche per lo stato dei capelli. Il tempo passa e sembra che non cambi nulla, ma arriva un momento in cui la perdita dei capelli è notevolmente visibile: in un certo momento si scopre che i capelli rimasti sul pettine diventano sempre di più, e sulla testa invece sempre di meno.  La conclusione è ovvia – qualcosa si deve fare...e subito.
A seconda della causa che determina la caduta,  i medici suggeriscono un trattamento generalmente adeguato. Di solito consigliano di utilizzare dei farmaci che regolano la produzione di un ormone responsabile della condizione dei capelli. Questi farmaci sono abbastanza efficaci, ma l'effetto si mantiene solo se consumati continuamente per tutta la vita. Inoltre, i medici conoscono un lungo elenco di effetti collaterali indesiderabili di tale trattamento.
Un altro metodo diffuso, è quello chirurgico: il trapianto di capelli sulle parte problematiche della testa. Come ogni intervento chirurgico, questo metodo è traumatico, e se poi i capelli non sopravvivono nei punti di trapianto restano cicatrici. Il successo del attecchimento dei capelli in un posto nuovo dipende da molti fattori, spesso al di là del controllo di un chirurgo. E il metodo non può essere utilizzato per tutti.
Si propone inoltre l'applicazione dei farmaci stimolanti (creme) sulla pelle, le vitamine e i sali minerali, e  da non dimenticare è anche la psicoterapia! Tuttavia, non ci sono ancora delle prove scientifiche dell'efficacia di questi trattamenti.

Terapia al plasma - metodo evoluto per il trattamento ricrescita capelli.

Oggi è possibile far ricrescere i capelli grazie ad una nuova nuova tecnica di "trapianto express" - metodo ben collaudato in diversi settori della medicina. Questo metodo è conosciuto ai medici degli anni '70 ed è in continuo sviluppo. Con il passare del tempo la terapia al plasma sta diventando sempre più applicata in cosmetologia e diventa molto usata per il trattamento della perdita dei capelli (tricologia ).
Il fatto è che prima della caduta, succede il diradamento dei capelli, e in questa fase è possibile fermare il processo, potenziando i follicoli dei capelli. Questo è fattibile utilizzando il plasma del proprio sangue del paziente che contiene una serie di fattori di crescita che contribuiscono al ripristino delle cellule danneggiate.
Tralasciando i dettagli scientifici, il metodo si riduce al fatto che il proprio plasma ricco di piastrine viene iniettato nella zona attiva del cuoio capelluto, i fattori di crescita iniziano a stimolare reazioni biochimiche nelle cellule danneggiate, tra cui i follicoli piliferi. I follicoli reabilitati cominciano a lavorare con una forza tripla, e invece del diradamento dei capelli sulla testa si forma un vero e proprio tessuto di capelli sani e naturali.

Caduta capelli – rimedi naturali.

Come rimedi naturali sono consigliati: alimentazione corretta, frutta e verdura fresca, cereali, legumi, alimenti richi di proteine, vitamine.

Cura dell'acne

L' acne èsicuramente una delle malattie più conosciute soprattutto dai giovani. Per combattere l' acne accanto alle terapie tradizionali si affacciano oggi nuovi farmaci e nuove tecniche per poter migliorare l’andamento clinico e gli esiti inestetici a cui tale patologia conduce; ad es. all’utilizzo di peelings chimici con acidi particolari.
Tali sostanze hanno effetto esfoliante e stimolano la produzione del collagene.
In genere sono terapie non aggressive, che si effettuano abitualmente in ambulatorio.
Quando il danno è più marcato, solitamente si è costretti ad utilizzare sostanze più attive, che permettono di arrivare ad una maggiore profondità.



Ultimamente accanto a queste metodologie si sono affiancati diversi tipi di laser, che aiutano a risolvere brillantemente le macchie e le cicatrici che residuano dopo episodi di acne grave, il principio che li accomuna è quello di arrivare alla profondità desiderata, mediante un’abrasione mirata, per permettere di ottenere una pelle assai più “levigata” ed omogenea della precedente.
Laser sempre più sofisticati e precisi oggi permettono di ottenere quello che fino a pochi anni fa era ottenibile soltanto parzialmente e con alti rischi.

La principale causa dell'acne sono gli squilibri ormonali che inducono le ghiandole sebacee a rilasciare più grasso, chiamato sebo. Questo sebo si combina con le cellule morte e altre impurità e ostruiscono i pori causando l'acne.

Quando l'acne si manifesta, il contenuto dei brufoli si diffonde nei tessuti circostanti, a volte causando una maggiore circolazione sanguigna e provocando arrossamenti, infiammazioni e gonfiori. Questi arrossamenti e infiammazioni appaiono sulla pelle sotto forma di papule e pustole.

A volte le pustole sono più grandi delle papule, spesso sono quasi le dimensioni di un'unghia. Quando l'infiammazione peggiora, compare el pus nella zona interessata. Di solito compaiono anche le pustole.

Trattamento dell'acne papulo pustolosa

L'acne papulo pustolosa nelle sue manifestazioni lievi e moderate non è difficile da trattare. E' possibile applicare alcuni rimedi naturali combinati talvolta con prodotti per il trattamento topico dell'acne.

Questi casi non sono molto difficili da trattare perché non si trovano molto in profondità all'interno della pelle. Se i l'applicazione di antibiotici topici per l'acne non dà risultati si dovrà ricorrere ad antibiotici per via orale.

Papule, pustole, brufoli e punti neri sono considerati forme di acne lieve o moderata. Le pustole sono spesso indicate come brufoli e di solito sono pieni di pus bianco giallastro. Le papule sembrano pustole, ma non hanno la testa piena di pus. Sono papule rosse, e se si tenta di schiacciarli non si risolve niente.

Queste infezioni bloccate nei pori devono essere rimosse. Ci sono diversi trattamenti per'acne che possono farlo in modi diversi. Gli antibiotici uccidono i batteri, al fine di prevenire la formazione di brufoli. Ci sono anche trattamenti naturali per l'acne e trattamenti topici che curano la pelle.



Acne Microcistica - Rimedi

L' acne microcistica, chiamata anche acne vulgaris, è caratterizzato da piccole bolle simili a cisti che indicano infezione e infiammazione in profondità sotto la superficie della pelle.

A differenza di altri tipi di acne, l'acne microcistica ha più probabilità di lasciare cicatrici. Per questo motivo, è buona norma fare il possibile per risolvere il problema prima che si diffonda. Spesso le persone si rivolgono ad un dermatologo, che potrebbe essere necessario anche per il trattamento delle cicatrici.

L'assunzione di vitamina A è considerato il miglior trattamento per tutti i tipi di acne, inclus quella microcistica, almeno nei casi più gravi.

Un'antro trattamento disponibile sono le iniezioni intralesionali di corticosteroidi. Queste iniezioni sono usati per trattare gravi infiammazioni da acne microcistica e anche per aiutare a prevenire cicatrici da acne.

Un ciclo di antibiotici per via orale per trattare l'infezione e infiammazione di acne microcistica è in grado di ridurre il numero di batteri. In alcuni casi, l'acne microcistica può diventare resistente ad un tipo di antibiotico e il medico dovrà prescrivere un antibiotico diverso.

Un'altra possibilità è parlare con il vostro ginecologo circa l'opportunità di prendere farmaci contraccettivi per via orale per curare l'acne microcistica. Ciò è risultato efficace nel trattamento dell'acne microcistica nelle donne, soprattutto se combinato con farmaci steroidei per l'infiammazione.

Infine vedere un dermatologo che effettua il trattamento laser per l'acne microcistica. In questo approccio terapeutico, un raggio laser danneggia le ghiandole che producono il grasso in eccesso che porta all'acne. La luce laser uccide anche i batteri che causano l'infiammazione e l'infezione.

La terapia laser viene anche usato per sbarazzarsi delle cicatrici dopo il trattamento. Gli effetti collaterali di questo approccio sono minori e di solito includono solamente lieve bruciore e arrossamento delle zone trattate.

Come eliminare velocemente i brufoli

I brufoli sono una preoccupazione per ogni adolescente o adulto che ne è afflitto. Bisogna però dire che eliminare i brufoli è una cosa fattibile, a patto di conoscere alcuni semplici suggerimenti e trucchi per mantenere la pelle pulita e luminosa.

Ci sono molti farmaci da banco, con istruzioni su come sbarazzarsi velocemente dei brufoli, ma quando volete usare un trattamento davvero veloce scegliete una pomata che contiene acido salicilico o perossido di benzoile. Volendo può anche essere miscelato con un correttore, per nascondere il brufolo fin quando guarisce.


Un'altro metodo facile per eliminare i brufoli molto velocemente consiste nell'utilizzare il ghiaccio. Il ghiaccio riduce il gonfiore e l'arrossamento facendo apparire la pelle più pulita. Avvolgere un cubetto di ghiaccio in un panno per evitare il contatto diretto. Il brufolo si ridurrà rendendo più facile coprirlo con un correttore.


Tenete presente che i brufoli possono aumentare per il troppo stress, cattive abitudini alimentari e se non si beve abbastanza acqua.

Possibile segnalare la gravidanza su Facebook

La gravidanza è un momento che segna la vita di una donna. Una volta le emozioni di diventare madre si annotavano su diari personali, densi di emozioni e fotografie, oggi invece ci sono i social network. Ecco che Facebook pone attenzione alla questione dando la possibilità di aggiungere l’attesa di un bambino al proprio profilo: per farlo basta andare nelle funzioni di modifica, scegliere l’opzione amici e familiari, aggiungere il nuovo familiare selezionando “bimbo in arrivo”. E’ possibile anche inserire il nome. Insomma il bambino che la mamma segnala nel profilo non è ancora nato eppure sta già lì. Naturalmente Facebook ne approfitterà per presentare annunci contestuali alle donne in stato di gravidanza. Rimane evidente che i profili dei social network riflettono sempre più la personalità e l’essere di chi li frequenta: non a caso Randi Zuckerberg, direttrice marketing di Facebook, qualche giorno fa ha dichiarato che l’anonimato on line è un pratica scorretta e che ognuno dovrebbe presentarsi col suo nome vero e proprio.

giovedì 4 agosto 2011

Staminali contro la sclerosi multipla: uno scienziato italiano nell'equipe

Paolo Muraro parteciperà a un esperimento per cercare di sconfiggere la malattia degenerativa



MILANO - Al via in Gran Bretagna un importante trial clinico internazionale per verificare l'effetto delle cellule staminali come terapia della sclerosi multipla, guidato da uno scienziato italiano: i pazienti che saranno inclusi nello studio riceveranno iniezioni di staminali prelevate dal loro stesso midollo osseo, nella speranza che queste cellule raggiungano le zone danneggiate del sistema nervoso e le riparino.
CINQUE ANNI PER I PRIMI RISULTATI - Ci vorranno almeno cinque anni per i risultati definitivi dell'esperimento, riporta la stampa britannica. Gli scienziati inglesi hanno ricevuto fondi pari a un milione di sterline dalla Multiple Sclerosis Society e della Uk Stem Cell Foundation per tre studi che indaghino prima di tutto la sicurezza del trattamento. Poi, si passerà a valutarne l'efficacia. Uno dei tre trial, guidato da Paolo Muraro dell'Imperial College di Londra, sarà condotto a livello internazionale con 200 pazienti arruolatì fra Inghilterra, Scozia, Stati Uniti, Canada e anche Italia. «Le cellule staminali - dice l'esperto - hanno un grande potenziale contro la sclerosi. L'effetto che stiamo cercando di ottenere è quello di ridurre le recidive, fermare la progressione della disfunzione neurologica e ridurre la disabilità dei malati. Questa è la prima volta che ricercatori di tutto il mondo collaborano per testare una terapia con cellule staminali in un trial su larga scala».

Smettere di fumare rende tristi? E' colpa di un enzima

Si studieranno dei farmaci che lo inibiscano, per aiutare i tabagisti a liberarsi dal vizio


MILANO- Umore nero o persino depressione per l'addio alle bionde? I risultati di uno studio canadese spiegano perché i fumatori che chiudono i ponti con le sigarette sperimentano ansia, tristezza e malumore, fino a cadere nella morsa del male di vivere. La ricerca appare sulla rivista Archives of General Psychiatrya firma di scienziati del Centre for Addiction and Mental Health e dell'università di Toronto. Il fumo, ormai è noto, è una delle principali cause di morte prevenibili. Ma il problema di molti tabagisti è che smettere significa entrare in un tunnel di umore negativo, cosa che nel 50% dei casi porta a ricominciare entro tre giorni da quando si è gettato nell'immondizia l'ultimo pacchetto. Precedenti ricerche si erano focalizzate sulla capacità della nicotina di modulare i neuroni che rilasciano dopamina. Ma secondo gli esperti canadesi, ci sono altri bersagli neuronali chiave. Per esempio, l'enzima monoamina-ossidasi A (Mao-A), che metabolizza le sostanze chimiche che migliorano l'umore.
L'IPOTESI - Nelle aree del cervello dove questa enzima viene modulato, come la corteccia prefrontale o quella cingolata anteriore, l'aumento dei livelli di Mao-A è associato con episodi di depressione. L'ipotesi dello studio è stata dunque quella che quando si smette di fumare la quantità di questo enzima aumenta vertiginosamente, peggiorando sensibilmente l'umore dell'aspirante ex-tabagista. La verifica è avvenuta tramite Pet su 24 fumatori sani, la metà accendeva da 15 a 24 sigarette al giorno e l'altra metà oltre 25. L'effetto è stato confermato e sembra valere soprattutto per i tabagisti più incalliti che tentano di smettere. «Questi risultati hanno implicazioni significative per chi vuole smettere di fumare», sottolineano gli studiosi. L'idea è infatti di far partire al più presto la ricerca per mettere a punto farmaci inibitori del Mao-A, che potrebbero facilitare l'impresa di liberarsi dal vizio del fumo.

Da freddo 'cura' contro fibrosi cistica

Puo' ripristinare proteina alterata e migliorare stato pazienti


La bassa temperatura per ripristinare la funzione della proteina alterata nei pazienti affetti da fibrosi cistica. E' la ricerca portata avanti, grazie anche ai fondi di Telethon, da Luis Galietta, dell'Istituto Gaslini di Genova. I ricercatori - che hanno testato 250mila molecole - hanno visto che una bassa temperatura è sufficiente per ripristinare in modo significativo l'attività di Cftr in cellule prelevate da pazienti con fibrosi cistica che hanno la mutazione deltaF508.

mercoledì 3 agosto 2011

L’olio di oliva per la bellezza dei capelli

L’esposizione costante ed intensa ad aria secca e calore possono rendere i capelli fragili e secchi. Uno dei rimedi naturali più noti e conosciuti sin dall’antichità è sicuramente l’olio di oliva, che rende i capelli più gonfi e pettinabili e contribuisce a mantenere il cuoio capelluto pulito e sano.
L’olio di oliva stimola la crescita dei capelli nutrendoli e migliorandone resistenza ed elasticità, contribuendo nello stesso tempo a ridurre lo stress cui sono sottoposti.

Le proprietà dell’olio di oliva, uno dei principali ingredienti della cucina mediterranea sono considerate come notevolmente salutari, e notevole è il suo impiego anche nella produzione di saponi e di prodotti cosmetici per la pelle.Tra gli oli per i capelli è sicuramente il migliore, ed alcune preparazioni possono essere benissimo realizzate in casa.

In mezzo bicchiere di olio di oliva aggiungere qualche goccia di olio essenziale profumato, come per esempio lavanda, chiudere il tutto in un barattolo ermetico da agitare per qualche minuto perchè le essenze si miscelino all’olio e conservare per 24 ore in un luogo fresco e buio.

La miscela può essere poi utilizzata applicandola sui capelli precedentemente sciacquati in acqua tiepida: due cucchiai del prodotto leggermente riscaldato si dispongono su capelli e cuoio capelluto massaggiando delicatamente con movimenti circolari. Applicare sull’intera superficie del cuoio capelluto, ed applicare l’olio restante sulle estremità dei capelli.

L’olio d’oliva ideale da utilizzare è quello spremuto a freddo, una tecnica di spremitura delle olive che permette all’olio di mantenere intatte le sue proprietà nutritive, come vitamine, enzimi ed altre componenti.

Vasco ai fan, voi siete i piu' belli

Il rocker pubblica su Facebook due pagine manoscritte

Ricordatevi che voi siete i piu' belli!'': si concludono cosi' due pagine manoscritte firmate da Vasco Rossi, postate su Facebook all'indomani delle dimissioni da Villalba. ''Cari amici, fratelli, compagni di strada, di vita, di illusioni, di passioni e di grandi delusioni. Non vi chiamo fans. Per voi la parola fans e' riduttiva, semplicistica e anche un po' offensiva! Voi siete persone! Con una grande affinita' elettiva tra voi e con me! Voi siete un'altra storia''.

martedì 2 agosto 2011

Un microchip per analisi del sangue più rapide


Un’interessante novità arriva dalla Columbia University di New York, dove un’equipe di ricercatori guidata da Samuel Sia sta sperimentando un congegno definito mChip.

Stiamo parlando di un microchip in grado di effettuare analisi partendo da una sola goccia di sangue. Il dispositivo, dalla grandezza pari ad una carta di credito, è in grado di rinvenire anche infezioni quali sifilide ed HIV.

I primi test, effettuati in Rwanda hanno dato un’affidabilità del 95% per il virus dell’AIDS e del 76% per la sifilide. Risultati eccezionali soprattutto se si considera che il microchip è ancora in via di sperimentazione. Questo è poi accompagnato da un dispositivo in grado di estrapolare i dati racchiusi nel microchip, una specie di lettore grande quanto un cellulare. Il costo dell’mChip sarà di 1 dollaro, ne serviranno un centinaio per il decodificatore di dati.

La realizzazione di questo apparecchio è stata fortemente voluta per i motivi spiegati da Samuel Sia:

“L’idea è di creare una nuova grande classe di test diagnostici accessibili ai pazienti in qualsiasi luogo in tutto il mondo, piuttosto che costringerli ad andare in una clinica per prelevare il sangue e poi aspettare giorni per i risultati.”

Gli esperti sottolineano che le caratteristiche dell’mChip lo potrebbero rendere ideale per le analisi da eseguire nei paesi più poveri, il che risulta molto importante soprattutto per la diagnosi di HIV.

La chirurgia estetica per il naso nuovo. E se fosse disordine dismorfico?


La chirurgia estetica per il naso nuovo incontra parecchie richieste. E se fosse disordine dismorfico? Si tratta di una sindrome, che conduce a preoccuparsi in modo eccessivo del proprio aspetto fisico e che fa vedere i propri difetti in maniera molto più grande di ciò che realmente sono. Un disturbo psicologico che sarebbe diffuso tra chi ama ricorrere alla chirurgia plastica.
La chirurgia estetica è apprezzata dai ventenni, fra i quali si ha un boom di ritocchini per non invecchiare. Naturalmente non è detto che dietro si nasconda un disagio, ma è sicuro che, in tema di chirurgia plastica, in estate si ha un boom di interventi “last minute”. Una recente indagine condotta in Belgio ha messo in evidenza che il disordine dismorfico arriva a coinvolgere il 43% dei pazienti che desiderano un ritocco estetico al naso solo per ragioni legate alla bellezza.

Il disturbo mentale in questione invece si rintraccia in quantità minima in coloro che intendono ricorrere ad un intervento al naso, per risolvere alcuni problemi di salute, come, ad esempio, quelli legati alla respirazione.

In tema di chirurgia estetica, fra le regole per decidere se fare il lifting, si dovrebbe anche tenere presente che non ci si dovrebbe sottoporre ad un intervento, mossi soltanto dal desiderio di andare incontro a delle risposte ad un problema psicologico, che invece dovrebbe essere trattato con terapie specifiche.

Se non si tiene in considerazione questa regola, soprattutto da parte del medico, si rischia di innescare un meccanismo pericoloso per il benessere psicofisico del paziente stesso. Stabilire un adeguato equilibrio mentale non può essere un obiettivo raggiungibile solo attraverso gli interventi estetici.

Gravidanza in estate: combattere la disidratazione, consigli utili



Gravidanza in estate: combattere la disidratazione, consigli utili


Nonostante il meteo “capriccioso”, l’estate è in pieno svolgimento e le temperature sono in salita: uno dei rischi della calura estiva è la disidratazione, un pericolo da non sottovalutare, complici sudorazione abbondante e perdita di liquidi preziosi. Mantenere il giusto livello di idratazione, in particolare, dovrebbe essere un imperativo per alcuni soggetti più deboli, come i bambini o le donne in gravidanza.Tanta acqua, prima di tutto,per scongiurare la disitratazione estiva con il pancione , pericolosa per la salute del piccolo e della futura mamma. “E’ del tutto naturale che la donna in questa delicata fase abbia più sete, e lo è ancor di più se a causa delle elevate temperature vi è una maggior perdita di liquidi corporei. In questi casi la quantità di acqua consigliata è di almeno 2 litri ripartiti nell’arco della giornata, senza mai portare il fisico al limite della sete. È da consigliare il consumo di acque minerali che possono giovare all’aumento di particolari sali minerali: si dovrebbe prediligere acqua a media mineralizzazione e, per problemi come ritenzione idrica o gonfiori, è consigliato alternare acque a basso contenuto di sodio” ha spiegato il professor Umberto Solimene, Direttore Scuola di Specializzazione in Idrologia Medica/Medicina termale presso l’Università degli Studi di Milano.


Idratazione sì, ma come garantire all’organismo della gestante il giusto apporto di liquidi? Gli esperti hanno pochi dubbi in merito: meglio scegliere un'acqua oligominerale a basso contenuto di sali minerali, che evita di sovraccaricare inutilmente le vie metaboliche del bambino e favorisce il giusto e naturale apporto all’organismo di sali minerali nelle donne in gravidanza, contribuendo al corretto funzionamento fisiologico e alla risoluzione di fastidi dovuti alla ritenzione idrica o all’inibizione dello stess termico.





Scoliosi infantile: nuova tecnica, mini invasività e maxi efficacia


Una nuova tecnica chirurgica mini invasiva, per combattere la scoliosi infantile: è tutto questo e molto altro la metodica di ultimissima generazione adottata dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che promette ai piccoli pazienti una guarigione più veloce, meno dolorosa e con un iter meno impegnativo di interventi e ricoveri.Nuove speranze, grazie alla metodica mini-invasiva per i bimbi che soffrono di questa grave e aggressiva patologia: le tradizionali 10-15 operazioni necessarie sin dai primi anni di vita per correggere la curva della colonna vertebrale vengono infatti sostituite da un unico intervento che si esegue intorno ai 2 anni e mezzo d’età del piccolo.
Consiste nell’impianto di alcune barre di titanio lungo la colonna vertebrale che, a differenza della tecnica consueta, si allungano magneticamente con un meccanismo telecomandato dall’esterno, in modo indolore, senza ricovero né operazione e seguendo naturalmente l’iter di crescita del bambino.

L’obesità dipenderebbe da un difetto presente nel cervello


L’obesità dipenderebbe da un difetto presente nel cervello. Infatti, secondo uno studio statunitense, la causa della patologia risiederebbe in un’alterazione di una proteina presente nel cervello. Generalmente, l’obesità viene ricollegata a problemi del metabolismo, sia primari sia correlati ad ulteriori patologie, come il diabete, l’ipercolesterolemia, o assunzione di alcuni farmaci.Invece dai risultati ottenuti la base del problema è da ricercare nel cervello. Lo studio è stato condotto dai ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University di New York, guidati dal dottor Dongsheng Cai, professore associato del Dipartimento di Farmacologia Molecolare. Gli studiosi hanno scoperto che la proteina HIF, presente nell’ipotalamo, oltre a indurre la risposta all’ipossia (la carenza di ossigeno a livello dei tessuti attiva la proteina che ripristina i meccanismi metabolici cellulari importanti per la sopravvivenza), può essere attivata anche dal glucosio.


L’attivazione di tale proteina, da parte di quest’ultima sostanza, agisce su un gruppo di neuroni che induce l’espressione del gene POMC, importante per la sua funzione nel controllo dell’alimentazione e del peso corporeo. Secondo lo studio, pubblicato su PLoS Biology, alla base dell’obesità ci sarebbe proprio un difetto su questa proteina. Per poter ripristinare il corretto equilibrio tra apporto e dispendio energetico bisognerebbe agire su questa proteina. È uno studio innovativo ed importante che potrà apportare un contributo decisivo nel trattare la malattia.

Nelle scottature solari il dolore è causato da una proteina


Nelle scottature solari il dolore è causato da una proteina. È questo ciò che hanno scoperto i ricercatori del King’s College di Londra, identificando una specifica molecola. Si tratta della chemochina CXCL5, che è implicata nella risposta del sistema immunitario all’infiammazione. Una scoperta molto interessante, che apre utili prospettive.Sicuramente bisogna fare attenzione alle scottature alle scotatture causate dal sole , anche perché il dolore a volte può essere davvero difficile da sopportare. Il tutto sarebbe correlato proprio alla proteina in questione, infatti gli studiosi hanno avuto la possibilità di riscontrare alti livelli della molecola proprio su delle scottature dell’epidermide provocate dai raggi UVB, dopo che il dolore aveva raggiunto un livello molto elevato.La crema contro le scotatture è importante per la protezione della pelle, ma le speranze per il futuro sono promettenti, in quanto si spera di ricavare una versione umana dell’anticorpo, per ridurre la sensibilità al dolore e per consentire un controllo su di esso. Intanto, per evitare gravi conseguenze, non ci resta che prevenire le scottature al mare.
Il tutto può essere messo in atto attraverso una graduale esposizione al sole e badando alle adeguate protezioni solari e ad una corretta alimentazione. Precauzioni d’obbligo, se si tiene al proprio benessere.Un obiettivo utopico quello della proteina contro il dolore? È presto ancora per dirlo, ma si spera che la scoperta in questione costituisca il punto di partenza per giungere ad una soluzione valida contro il dolore connesso alle scottature provocate dai raggi del sole.

Tumori,primo intervento con microonde


Riscaldati tessuti bersaglio fino a portarli a 'morte'

Primo caso al mondo, un bimbo di appena un anno con una voluminosa lesione del torace e' stato trattato con microonde , una tecnica mini-invasiva adottata per la prima volta su bambini dall'equipe di esperti dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu'.

Il metodo e' adatto, per la cura di molti tumori solidi benigni o maligni in pazienti in eta' pediatrica: sfruttando i diversi principi fisici della trasmissione di calore si riscaldano i tessuti bersaglio fino a portarli alla 'morte'.

Gaslini individua molecola anti-leucemia


Si chiama 'interleukina 27', lo studio avra' ricadute cliniche

 Un gruppo di ricercatori dell'Istituto Gaslini di Genova ha scoperto che una proteina, la interleuchina 27, e' un potente agente anti-tumorale nelle leucemie linfoblastiche acute del bambino. Pubblicato su 'Leukemia', lo studio secondo gli scienziati avra' presto ricadute cliniche per i pazienti. La leucemia linfoblastica acuta, che deriva da un particolare gruppo di globuli bianchi del sangue (linfociti B), rappresenta il tumore ematologico pediatrico piu' diffuso.

Un super-anticorpo contro l'influenza


Un super-anticorpo e' capace di riconoscere il virus dell'influenza, nonostante questo cambi ''faccia'' ad ogni stagione. Lo ha scoperto, e descritto sulla rivista Science, il gruppo coordinato dall'immunologo Antonio Lanzavecchia, dell'Istituto di Ricerche Biomediche (Irb) di Bellinzona. A breve permettera' di mettere a punto farmaci che aiuteranno a prevenire l'influenza, mentre il 'vaccino universale' e' ancora lontano.

Ansia: scoperte aree del cervello che non comunicano provocando il disturbo


Problemi di comunicazione fra diverse zone dell’emisfero destro del cervello sono alla base del disturbo d’ansia generalizzato, una condizione cronica che colpisce il 2-3% della popolazione, con un pesante impatto sulla qualità di vita e le relazioni sociali. A spiegarlo è uno studio italiano pubblicato su ‘Psychological Medicine’, condotto dall’Irccs Medea di San Vito al Tagliamento (Pordenone) in collaborazione con le università di Udine e di Verona.

Secondo i ricercatori, in particolare, a scatenare l’ansia è un dialogo difettoso fra aree cerebrali coinvolte nella risposta allo stress e nella gestione delle emozioni negative. Studi recenti di imaging avevano già suggerito il coinvolgimento di alcune aree dell’emisfero cerebrale destro in persone con disturbo d’ansia, spiega una nota dell’Associazione La Nostra Famiglia, alla quale fa capo l’Istituto Medea. Questa è però la prima volta che, attraverso studi di risonanza magnetica diffusiva, viene ‘fotografata’ la connettività cerebrale nei pazienti con ansia generalizzata.

La ricerca ha esaminato 12 malati e 15 controlli sani, scoprendo che i pazienti presentano un’alterazione della connettività della sostanza bianca nelle regioni posteriori parietali e nel corpo calloso dell’emisfero destro. Si tratta, spiega la nota, di un difetto di comunicazione tra regioni deputate all’elaborazione di stimoli sociali ed emotivi: questa alterazione potrebbe avere un impatto sul controllo di questi stimoli e rappresentare quindi un marker strutturale della malattia.

“Un difetto di comunicazione tra aree così importanti del cervello in soggetti con disturbo d’ansia generalizzato – sottolinea Paolo Brambilla, responsabile del gruppo di ricerca italiano – potrebbe interferire con le strategie cognitive di modulazione di emozioni negative interne o esterne o dello stress di tutti i giorni”. In altre parole, come conseguenza dell’anomalia individuata si avrebbe “un rinforzo di pensieri negativi – precisa la nota – quali ruminazioni, preoccupazioni e tendenza alla catastrofizzazione che, in ultima analisi, si manifesterebbe come un eccesso dei livelli di ansia”.

Per indagare sull’organizzazione microstrutturale dei tessuti nella sostanza bianca dei 4 lobi cerebrali (frontali, temporali, parietali e occipitali) in entrambi gli emisferi e nel corpo calloso è stato indagato il coefficiente di diffusione dell’acqua, un parametro che offre importanti informazioni sulle caratteristiche biologiche e strutturali di un tessuto. I ricercatori hanno così evidenziato un aumento significativo del coefficiente nel lobo parietale destro e nello splenio del corpo calloso di destra nei pazienti rispetto ai controlli sani.

“Studi futuri di imaging – conclude la nota – dovrebbero approfondire come le aree parietali e callosali posteriori comunichino con regioni corticali e sottocorticali fondamentali nel sostenere la processazione di stimoli sociali ed emozionali, come l’amigdala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale dorsolaterale, e come questo potenziale network moduli gli stimoli ad alto impatto emotivo nel disturbo d’ansia generalizzato”.